La ragazza si chiamava Maddalena. Aveva occhi azzurri e proveniva da una terra operosa e povera, in cui tutti lavoravano e se necessario emigravano, anche le donne, anche da sole. Era il 1940 o giù di lì e per una “signorina” di una certa età essere nubile equivaleva al marchio triste della zitella. Ma per lei i problemi erano altri: lavorare e guadagnarsi il pane, forse anche emanciparsi, o forse nemmeno ci si pensava, ai tempi, alle questioni di emancipazione: si faceva la valigia e via.
Dal piccolo paese del Veneto alla Sardegna, con i suoi quaderni di appunti, il diploma di ostetrica preso all’Università e due gambe buone che le sarebbero servite, negli anni successivi, per muoversi in bicicletta fra i paesi del Campidano. Anche allora esistevano forme di precariato: prima di vincere il concorso per “ostetrica condotta” Maddalena, che tutti chiamavano Emma, lavorò diversi anni come “interina”, pedalando tra Monastir, Ussana, Samatzai, infine Nuraminis.
Quando qualcuna doveva partorire, spesso era il relativo marito che si presentava a casa di Maddalena, anche nel cuore della notte, per accompagnarla dalla moglie in travaglio; altre volte ci pensava da sé, abituata a fare da sola. E come sarebbe potuto essere diverso? I suoi fratelli erano rimasti in Veneto, con le loro famiglie; lei, Maddalena, aveva preferito oltrepassare il mare, in viaggio verso una terra ancora vergine e bisognosa, da cui oggi i ragazzi che potrebbero essere suoi nipoti scappano, stremati dalla disoccupazione, dalla frustrazione, anche se talvolta accade che la molla sia semplicemente il desiderio di vedere il resto del mondo.
Emma a Nuraminis trovò anche un marito: lui si chiamava poeticamente Virgilio, e faceva il “daziere”: ossia l’esattore. Si sposarono nel 1948, pochi giorni prima di Natale, vivendo poi insieme serenamente per circa 19 anni, fino alla morte improvvisa di lui. Lasciava Emma e una unica figlia dal nome un po’ curioso, ereditato da una nonna o una cugina lontana. Nel frattempo i bambini continuavano a nascere nel loro paese e in quelli vicini, e qualcuno ancora la ricorda, “la signora Emma”, che accoglieva i nuovi nati nelle case, perché allora non era ancora tanto facile né comodo raggiungere l’ospedale, e l’ostetrica rappresentava il presidio medico più vicino e immediato.
La sua esperienza fece la differenza anche quando, nella grande casa di Nuraminis, nacque la sua prima nipote, che forse anche per quel primo abbraccio la pensa spesso con un po’ di nostalgia.
Brava, la mia regina. Un pò di poesia dopo tanta monnezza! (Naturalmente con rispetto parlando per gli ottimi autori e lettori dei vari post precedenti, mi riferisco ai tristi fatti di cronaca ultimamente riportati dal fido Barralliccu).
Le storie delle nonne sono sempre molto da romanzo, per me. Sarà che le romanziamo noi, o sarà che erano così scarne, le vite delle nostre nonne, che facevano poesia da sole, come i rami degli alberi d’inverno…
Una vecchia cartolina ingiallita ritrovata dentro la grande cassapanca del tempo andato….
Bella.
🙂
bellissimo… brava regina!
Grazie 🙂
è proprio vero, come dice Adaspina, che le nostre nonne facevano poesia da sole, senza saperlo e certamente senza porsi molti dei problemi superflui di oggi. Perchè non c’era tempo nè modo e perchè le cose, prima o poi, venivano da sole…e se non venivano, si andava avanti lo stesso!
Ciao anche a me è piaciuto tanto questo racconto su questa figura importantissima. A casa mia talvolta l’ostetrica del paese (Assemini) viene ricordata da mia nonna, che racconta come in occasione della nascita di un suo figlio “s’allevadora”, dopo averla assistita nel parto, dovette correre subito da un’altra parte del paese per aiutare un’altra puerpera. Vi segnalo anche questo interessante documento di Selargius del 1904, dove si evidenzia la necessità di bandire un concorso per la nomina di una levatrice “tanto necessaria per la popolazione” e si elencano i requisiti di partecipazione, lo stipendio e gli arnesi da lavoro.
http://www.biblioselargius.it/allegati/archiviostorico/D_C_C_4_3_1904.pdf
Grazie Kirc, documento molto interessante! 🙂
storie d’altri tempi (ho notizia di qualcosa di simile anche in altri luoghi della nostra amata sardegna) che ci aiutano a conoscere la complessità della vita (ora e sempre)
andrea